domenica 30 gennaio 2011

Il signore degli abusi


Da un dialogo (quasi un monologo) “rubato” in treno

“ Il signore degli abusi “

1^ passeggero : …ma non è possibile, tutto gli è permesso, ma chi crede di essere? forse il messia? non se ne può più …

2^ passeggero : cosa vuoi farci, se non è lui, è un altro…. sono tutti uguali !!

1^ : uguali un corno !! è imbarazzante, mi vergogno di avere un concittadino come lui…un governante del genere… la guerra di Liberazione, ecco cosa ci vuole !!

2^ : esagerato !! va bene che una ne pensa e cento ne fa, però la Resistenza… non mi sembra il caso…

1^ : è il caso, credimi !! bisogna organizzarsi e liberare il Paese di questo ingombrante peso.... ha abusato fin troppo della nostra pazienza !!

2^ : ma cosa dici !! sono tanti gli italiani che pendono dalle sue labbra…

1^ : sono molti di più quelli che, con malcelata rassegnazione, subiscono certe prassi ingannevoli e dannose, consentendo revisionistiche opinioni ; seguimi e ti spiego perché, secondo me, è “il signore degli abusi”.

Ha abusato :

- della moglie e dei figli… sul loro amore ha giurato il falso pur di apparire marito fedele e padre premuroso ;

- delle donne… compiacendosi di trattarle come macchine da riproduzione o, al meglio, come oggetti di pruriginoso e ricreativo sollazzo ;

- dei suoi sostenitori… sulla loro buonafede ha costruito un castello di sabbia che si è sgretolato al primo refolo di verità ;

- dei suoi oppositori… sulla loro democratica inettitudine ha fondato un regime illiberale e antidemocratico, in sprezzo a qualsivoglia libero convincimento ;

- del Parlamento… privandolo delle sue prerogative e riducendolo a bivacco di servi ciechi e obbedienti ;

- della Costituzione… considerandola solo un mero ostacolo all’esercizio del suo narcisistico potere, persuadendosi di essere egli stesso la Legge ;

- della giustizia… asservendola ai suoi personali e riservati interessi, nella autarchica convinzione di una meritoria impunità ;

- dell’Italia… promettendole un aureo e fulgido futuro, colmo di destini imperiali , surrettiziamente edificati e tosto vanificati ;

- degli Italiani… resi ostaggio di un anestetizzante e mistificante miraggio sociale ed economico, giammai avveratosi ;

- dell’eterna disponibilità della chiesa romana…autoassolvendosi e accreditandosi come uomo di una provvidenza improvvida e spesso distratta ;

- di tutti noi… costringendoci a sopportare, oltre ogni limite, il grande fardello della sua adulterata e melodrammatica presenza ;

- della sua vita… dissolvendola nella smodata e dissoluta ricerca di una effimera e precaria immortalità .

2^ : è un’ossessione ‘sto Berlusconi !!

1^ : ma cosa hai capito !! io non parlavo di Berlusca, parlavo di Mussolini !!

" E' lodato chi libera il popolo dal tiranno" (S.Tommaso d'Aquino)

martedì 25 gennaio 2011

VOLEVO DIRE COSE

Spettacolo culturale-politico-musicale organizzato da FabbricaBEST, la fabbrica di nichi della bassa est parmense. Racconti di una creatività musicale come spazio per comunicare e mobilitare una coscienza comune.

Venerdì 28/1 - ore 21.30 A Colorno, da Fio

Cinque cantautori si incontrano e suonano le loro canzoni spiegandoci come sono nate, raccontandoci le loro riflessioni e le loro emozioni, e attraversando cinque aspetti della nostra vita: ambiente, persone, emarginazione, rabbia, speranza...

www.volevodirecose.org - Il book con tutti testi: http://www.box.net/shared/ztbcgyqho8

mercoledì 19 gennaio 2011

documento politico

Documento politico conclusivo del primo Congresso regionale di

SEL Emilia-Romagna


La Commissione Politica assume e condivide la relazione del Coordinatore regionale uscente.

Viviamo in una regione che ha saputo rappresentare un modello di governo per la sinistra. Lo ha fatto a partire da un’idea di buona e piena occupazione, da un sistema di welfare avanzato e innovativo, costruito da una comunità coesa e unita nell’inseguire il sogno di una società diversa. Negli anni tuttavia l’ispirazione si è annebbiata, lasciando spazio all’amministrazione di un’eredità preziosa e tuttavia in costante depauperamento. La politica ha smarrito la capacità di essere costante tensione verso il futuro, per diventare luogo di concertazione di interessi sempre più inconciliabili, con il passaggio globale dall’età del compromesso keynesiano a quella del neo-liberismo.

Oggi la crisi squassa le ultime certezze, disseminando i nostri territori dei segni terribili della cassa integrazione, della perdita di posti di lavoro, della precarietà, dell’insicurezza e paura montanti. Le politiche di bilancio della destra di Berlusconi e Tremonti fanno il resto, minando le fondamenta del welfare di prossimità, costringendo Regione ed Enti locali a compiere ulteriori passi nello smantellamento delle reti di protezione sociale.

Noi non reggeremo, se non sapremo parlare con chiarezza il vocabolario dell’alternativa, se non avremo la capacità di riconnettere politica e società per costruire insieme le basi di un nuovo patto di cittadinanza.

Ce lo impone la consapevolezza che la crisi ci consegna una realtà di disoccupazione strutturale, che il vincolo ambientale ci impedisce di risolvere con la leva delle esternalità. Allo stesso tempo assumiamo la consapevolezza che l’Italia odierna sconti un peso della rendita finanziaria e immobiliare che blocca la possibilità di investimenti ed innovazione.

Per questo proponiamo di indirizzare la nostra iniziativa politica secondo gli assi della tutela del territorio, della riconversione verde dell’economia, dell’investimento in saperi, ricerca e innovazione, dell’introduzione di forme di reddito di cittadinanza. Per questo crediamo che la politica debba riappropriarsi della propria capacità di disegnare il futuro, attraverso forme di programmazione ed intervento che non possono limitarsi alla formula abusata dell’indirizzo e controllo. Questo vale per le prossime scelte dei Piani Strategici e Territoriali Regionali, che devono essere indirizzati alla riduzione degli impatti e al risparmio delle risorse e dei beni comuni ambientali. Allo stesso modo, si deve affrontare il dibattito sulla gestione dei servizio socio-sanitari, all’infanzia e alla non autosufficienza, dove è da ripensare il rapporto con i privati, che troppo spesso ha significato riduzione dei diritti dei lavoratori e abbassamento qualitativo; sono da rivedere i parametri della direttiva regionale sull’accreditamento.

L’alternativa della destra è davanti ai nostri occhi e ci parla il linguaggio dolciastro della famiglia, intesa come surrogato di un welfare cancellato e affidato alle donne, le prime espulse o costrette ad abbandonare la dimensione lavorativa, oltre che maggiormente precarizzate e minacciate da un inaccettabile innalzamento dell’età di pensione. Oppure quello più aspro e stridente del precariato di massa, del ricatto occupazionale e della concorrenza fra lavoratori.

Un dopoguerra senza guerra.

Uscire dalla crisi significa invece uscire dal modello che l’ha prodotta, a partire da una nuova centralità del lavoro, da un welfare universalistico e inclusivo, e da una rivoluzione ecologica nei modi e fini della produzione.

Sinistra Ecologia Libertà ritiene che l’Emilia Romagna possa tornare ad essere un modello di governo del cambiamento. Esistono infatti nei nostri territori le risorse umane ed economiche, le condizioni culturali e politiche perchè questo possa avvenire. È tuttavia necessario un intervento forte della politica, una nuova narrazione capace di rimettere in campo la dimensione di un progetto collettivo.

Riteniamo che il centrosinistra sia l’ambito in cui questo possa realizzarsi, senza cedimenti verso l’UDC o altre forze di ispirazione centrista. A partire dalle elezioni amministrative della prossima primavera siamo quindi impegnati nella costruzione di alleanze di centrosinistra in cui far emergere i temi centrali della nostra iniziativa politica. La fase in cui ci muoviamo è quella del tramonto del berlusconismo, che si accompagna all’attacco al sistema di relazioni industriali e sindacali costruito nel secondo dopoguerra portato avanti da Marchionne. A essere in gioco sono il ruolo del sindacato, i diritti dei lavoratori, la posizione stessa dell’Italia nell’economia-mondo. Il Governo ha già dimostrato con la “riforma” Gelmini di condividere un’impostazione che colloca il nostro Paese nella periferia globale. La sinistra all’opposto deve saper far vivere un’idea di rilancio della democrazia fuori e dentro i luoghi di lavoro, di avvio di un ciclo economico che faccia della ricerca, dell’innovazione e della cultura, i veri assi di sviluppo, che pratichi e parli il linguaggio della laicità, della riduzione delle disuguaglianze e dei diritti di cittadinanza a partire dall’estensione del diritto di voto per i cittadini migranti.

La questione della differenza di genere, della libertà e del protagonismo delle donne deve essere assunta non come questione tra le tante, ma come questione paradigmatica per il rinnovamento della politica, con la necessità di riscrivere la relazione tra i generi e di potenziare le iniziative della Regione sul tema della prevenzione della violenza agìta sulle donne.

Chiediamo, infine, le primarie di coalizione, che non possono essere vittima di tatticismi e paure. Le chiediamo non perché convinti della nostra forza, ma perché al contrario coscienti della nostra insufficienza, della condizione di asfissia che vivono le stanze di una politica separata.

Le primarie sono lo strumento per definire perimetro delle alleanze e contenuti. Senza di esse il centrosinistra si consegna ad una deriva politicista che puó solo condurre alla sconfitta. È il nostro popolo che deve essere protagonista di una stagione di cambiamento, che non puó che partire da un grande percorso di partecipazione alle scelte fondamentali.

L’Assemblea regionale neo-eletta, riunitasi al termine del Congresso, ha eletto all’unanimità, riconfermandolo in carica, Giovanni Paglia come Coordinatore regionale di SEL Emilia-Romagna e Lorenzo Cipriani come Tesoriere regionale.

Rimini, 16 gennaio 2011

lunedì 17 gennaio 2011

Intervento di T.Ditaranto, coord.circolo SEL Fidenza, al congresso regionale

Intervento al congresso regionale

Alcuni anni fa, ero solito festeggiare il natale con amici a casa mia, mi piaceva pensare al natale come ad un momento di condivisione di valori, anche quello dello stare insieme, del trascorrere intorno ad un tavolo momenti di solidarietà, in cui ci si ritrova e si rinnova l’affetto, il volersi bene, il sentirsi disponibili e sentire allo stesso tempo la vicinanza degli altri.

Quell’anno trà gli invitati soliti, avevo ospite un mio carissimo amico della costa d’avorio, un giovane per bene, laureato, musicista ineguagliabile e professionista, ma aveva un difetto: aveva la pelle di un colore diversa dalla nostra.

Alcuni miei amici quell’anno si rifiutarono di trascorrere il natale con noi, non accettavano quella presenza imbarazzante.

Fu allora che decisi di scrivere una delle mie più belle canzoni: Sogno.

Un sogno che ripetutamente faccio quasi ogni notte, immagino un’aquila bianca che vola su un mondo nuovo, diverso, il girotondo di tanti bambini, di ogni colore; immagino un bianco che tende la mano ad un nero in cui ha trovato un amico sincero; e la televisione che annuncia alla terra che in tutti i paesi è finita la guerra, e l’amore che scoppia tra tutte le genti.

Immagino bambini che muoiono di fame giocare felici su montagne di pane, spiagge pulite senza siringhe, una porta che si apre davanti ad un barbone, una nigeriana che si ribella per non far più la puttana.

Poi suona la sveglia e l’incanto finisce, e ti rendi conto che il tuo sogno è irreale, la televisione ti riporta ad una triste realtà, notizie che in fondo non fan più scalpore, in Palestina ancora si muore, un overdose ha finito un drogato, un tunisino è stato ammazzato.

Questo purtroppo è solo quello che conta, è la storia che piace a tutti i potenti, a chi non importa se di fame si muore, perché ha il portafogli al posto del cuore.

Ho voluto aprire questo mio intervento con questo mio sogno, per un motivo molto semplice,

io questo sogno lo rivivo ogni giorno in un progetto che affascina migliaia di uomini, di donne, e di giovani, che partendo da chianciano, fino ad arrivare al congresso di Firenze ci ha visti impegnati in uno sforzo grandioso e sublime, per ridare all’Italia la speranza, la speranza che tutto è possibile, che è possibile sconfiggere la solitudine, l’ipocrisia, i drammi quotidiani di migliaia di persone, abbandonate dall’indifferenza, al loro triste destino di emarginati da una società che non ha più valori, che è possibile far rinascere la solidarietà, la capacità di guardarsi negli occhi come dei fratelli ritrovati, pronti a saper cogliere i bisogni degli altri e farsi carico, con un comune obbiettivo,di affrontare e risolvere i problemi.

Guardarsi negli occhi, è questo quello che manca agli uomini di oggi.

Quando parliamo di berlusconismo, e della necessità di sconfiggerlo, bisogna avere ben presente che non ci troviamo di fronte ad un modo di fare politica voluto da un uomo, imposto alla nazione, ma ad una cultura che pian piano, in nome della modernità e della globalizzazione, si è radicata nel nostro modo di pensare, non solo negli uomini solitamente conservatori e di destra, ma anche e in modo molto pericoloso in quella sinistra che ha smarrito i valori fondamentali per i quali ha combattuto per buona parte del secolo scorso, portando i lavoratori a grandissime conquiste.

Mi riferisco in particolar modo al mondo sociale e solidale della sinistra del novecento; alla nascita della cooperazione come strumento per combattere lo sfruttamento padronale, per una più giusta ed equa distribuzione dei profitti e del plus valore alle persone che lo producono, e di pari passo all’affermazione del concetto marxista che l’uomo non può vivere solo per il lavoro, ma che ha bisogno del proprio spazio, per la propria crescita sociale, il tempo da dedicare ai suoi cari, alla propria istruzione e al proprio divertimento, in poche parole il passaggio dallo stato di schiavitù ottocentesca ad un mondo di libertà fatto di doveri ma anche di diritti.

In questo smarrimento di valori, in questa continua e frenetica corsa ad una falsa modernità, fa ancora molto più tristezza constatare oggi, che la dura legge della concorrenza e della produzione ad ogni costo e con ogni mezzo, vede proprio nel mondo della cooperazione, i primi utilizzatori di quelle leggi, che impongono a centinaia di migliaia di giovani lavoratori precari, e a donne addette ai servizi assistenziali e ospedalieri, contratti capestro, assunti e licenziati ogni mese, sempre con il continuo ricatto di essere lasciati a casa, persone che devono timbrare il cartellino per potersi recare in bagno, e sottoposti a veri e propri ritmi di cottimizzazione del lavoro.

Fa tristezza constatare che nella stragrande maggioranza dei cantieri edili, anche della rossa Emilia Romagna, anche in quei cantieri gestiti dal sistema cooperativo, è sempre più presente l’infiltrazione malavitosa di caporali, che sfruttano la manovalanza da basso macello di poveri cristi extracomunitari, sottopagati e costretti a lavorare in condizioni di estrema insicurezza, e ogni giorno che passa, sono sempre più i poveri diavoli che ci lasciano le penne, guarda caso sempre al primo giorno di lavoro, e nei casi più fortunati, in caso di infortunio, vengono rispediti alle loro case senza passare per il Pronto Soccorso, vedere come il mondo del lavoro perde, giorno dopo giorno, il sacrosanto diritto ad un lavoro più umano e dignitoso, e che, in nome di quella modernità, anche coloro che oggi dovrebbero fare barriera , i sindacati, i partiti stessi del mondo del lavoro, si piegano all’ignobile ricatto di faccendieri senza scrupoli, ai Marchionne, agli affamatori di popolo, che ancora una volta fanno ricadere sulle spalle dei lavoratori i costi di una crisi economica di cui loro e i loro complici banchieri sono gli unici colpevoli.

Vedete, compagni, tutto quello che oggi ci vogliono vendere come indispensabile per la modernizzazione della società altro non è che il tentativo della destra liberista e capitalista di nascondere il vero obbiettivo, che è quello, come spesso ci ricorda il compagno Vendola, di livellare verso il basso i salari e i diritti dei lavoratori, in una società globalizzata dove i profitti e gli interessi di parte sono gli unici traguardi da raggiungere, a discapito dell’istruzione, della cultura, della sanità, a discapito del sacrosanto diritto di ognuno di noi di aspirare ad una vita e a condizioni di lavoro migliori.

In questo contesto si collocano le tante controriforme di quindici anni di governi antipopolari, che di fatto hanno snaturato gli stessi principi della nostra costituzione e la cancellazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori.

Non crediamo però che tutto sia farina del sacco dei governi di centro destra, molte colpe, e mi dispiace dirlo, ricadono su governi che hanno visto i partiti del centro sinistra protagonisti.

Come dimenticare, che il via alla precarizzazione del lavoro è stato dato proprio da un governo di centro sinistra, il governo D’Alema, con l’introduzione dei contratti a termine, cococo, cocopro, e via dicendo, e come potevamo sperare che le leggi sul precariato, la legge Biagi, potessero essere cancellate dal governo Prodi, se i primi utilizzatori di quelle leggi sono proprio quelle cooperative protette dallo stesso PD?

Vedete compagni, non possiamo sconfiggere il berlusconismo, se non sconfiggiamo prima il berlusconismo che è dentro di noi.

Abbiamo pensato, per anni, che il problema fosse Berlusconi, con i suoi guai giudiziari e di conseguenza le sue leggi ad personam, ci siamo accaniti nel sostituirci alle rubriche televisive o alle testate giornalistiche nella denuncia degli scandali, che pur giustamente andavano denunciati, ma abbiamo perso di vista il vero problema; la sinistra intera ha perso di vista quelle che erano le reali domande che venivano dalla società,

Ci è mancata quella progettualità necessaria per dare le giuste risposte ai tanti problemi di una società che cambia velocemente, ai cittadini del Nord che ponevano i problemi derivanti dall’arrivo di tanti extracomunitari, ai lavoratori che vedevano messo a rischio il proprio posto di lavoro dall’offerta di manodopera a basso costo, abbiamo risposto che erano razzisti, senza capire fino in fondo che, se vogliamo veramente che la parola integrazione non sia solo una parola gettata nel vento, va affrontata senza pregiudizi e senza neanche falsi buonismi, dando con l’accoglienza, la giusta solidarietà che occorre dare a chi lascia il proprio paese per venire in Italia in cerca di fortuna, ma anche con la dovuta fermezza nell’affermare il principio che l’ospitalità, che viene offerta, deve anche essere meritata e rispettata, come rispettate devono essere le leggi, e la cultura del paese ospitante.

Abbiamo lasciato che di questo se ne occupasse la Lega, abbiamo permesso che un problema, così serio e preoccupante, venisse trattato in modo strumentale e demagogico, da un pugno di squallidi individui, pieni di odio razziale, xenofobi e anti-italiani, che, cavalcando la paura delle popolazioni, ha fomentato al punto da spingere il governo all’approvazione di una delle leggi più vergognose che mai stato democratico abbia conosciuto:

la legge che istituisce il reato di immigrazione clandestina, in pieno contrasto con l’art. 3 della costituzione che pone l’uomo al centro dello Stato, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua o di religione.

Ogni uomo, ogni cittadino, ogni libero pensatore, di questa nazione, dovrebbe indignarsi davanti ad una tale vergogna.

Ecco, compagni, qui sta il vero problema di questa nostra nazione, nella nostra incapacità di reagire e creare i presupposti per costruire un progetto di governo, capace di interagire con le problematiche diverse, che ridia, ad ognuno dei cittadini il senso di appartenenza ad una società civile, nella quale potersi nuovamente riconoscersi.

Le lobbies, i gruppi di malaffare, un sempre più costante e pericoloso connubio tra la politica e le cosche mafiose, il personalismo imperante, anche nei partiti storici della sinistra, e come spesso è dato sapere, anche nel nostro giovane partito, il servilismo di alcuni movimenti sindacali, fanno sì che si crei uno scollamento evidente e sempre più irrimediabile, tra i cittadini e le istituzioni; la gente non si sente più rappresentata, i lavoratori si sentono sempre più indifesi e abbandonati, anche da coloro che per un secolo sono stati i baluardi delle lotte per i diritti, e si affidano a nuove forme di lotta, più esasperate ed individuali. Sempre più spesso assistiamo a lavoratori, che spinti dalla disperazione per la perdita del posto di lavoro, salgono sui tetti delle fabbriche o sulle grù, per dare visibilità ai loro problemi, abbandonati anche da un sistema televisivo e giornalistico, che rincorre il gossip o il Grande Fratello e che non si cura minimamente dei problemi reali che vive la società.

Questo scollamento produce solitudine, emarginazione, indifferenza, incapacità di leggere, negli occhi anche del proprio collega di lavoro, del vicino di banco, il dramma che vivono le famiglie italiane, sempre più impoverite e costrette a vivere di stenti. Come di stenti e di freddo se ne andato, non più di qualche giorno addietro, quel povero bimbo neonato, nella civilissima Bologna.

Vedete compagni, spesso a parlare di questo, si ha l’impressione di parlare di cose distanti da noi, come se non ci riguardassero, ma proviamo a chiedere a quelle famiglie alle quali staccano la luce o il gas in pieno inverno, proviamo a chiedere a quella sterminata fila di persone davanti agli sportelli di Equitalia, che si vedono bloccare la macchina o pignorare la casa, perché non hanno pagato il canone della Tv che cosa ne pensano?

Ma non avevamo detto che occorreva combattere l’usura, che i tassi di interesse non dovevano superare una determinata soglia? Ed allora come mai per primo lo Stato applica more e raddoppi inspiegabili delle cartelle di pagamento, a tutte quelle famiglie in difficoltà che non ce l’hanno fatta a pagare la rata dell’immondizia o della televisione?

Se è vero che l’usura è combattuta per legge, allora perché si permette ad una banda di cravattari aguzzini, con sede in uno di quei paradisi fiscali, come l’Equitalia, di affamare e gettare sul lastrico centinaia di famiglie italiane?

Sì, compagni, sono le famiglie, i lavoratori che hanno perso il lavoro, i cassintegrati, i piccoli artigiani e commercianti a farne le spese, perché i grandi, i veri evasori, loro la fanno sempre franca, coperti come sono da un sistema di corruzione e dall’avvallo di politici e funzionari compiacenti.

Nuovo progetto di governo, vuol dire innanzitutto lavorare per una società meno indifferente, più solidale, una società in cui ognuno di noi si senta figlio di un padre giusto e premuroso, e lo Stato si senta il padre di questa grande famiglia in cui tutti gli uomini e le donne siano i figli prediletti da accudire e proteggere e far crescere. Un padre che non bada all’istruzione dei propri figli, non è un buon padre, cosi come non è un buon padre uno Stato che taglia i fondi per l’istruzione pubblica e limita la crescita di migliaia di giovani, che si vedono tolto qualunque futuro. Abbiamo bisogno di guardarci dentro, ognuno di noi, di fermarci davanti allo specchio e provare a non avere vergogna, per le tante volte che guardiamo le sofferenze degli altri con gli occhi dell’indifferenza e dell’egoismo; occorre saper mettere da parte, quando occorre, le pur giuste aspirazioni personali, per il bene comune, sapendo che il bene comune alla fine porta del bene anche per noi stessi e le nostre famiglie.

Bisogna saper sconfiggere le ipocrisie, la voglia di megalomanie, l’arroganza, occorre lavorare per l’affermazione del rispetto: il rispetto per la vita, per coloro che incontriamo per strada, per il nostro avversario politico e per coloro che sono diversi da noi, sapendo che l'odio e il rancore rendono ciechi e ci impediscono di guardare oltre, verso il futuro.

Il rispetto dell’altro è la base fondamentale per una società sana, non può esserci libertà e democrazia, se non impariamo che la nostra libertà finisce dove comincia quella degli altri e che noi stessi siamo i fautori della nostra democrazia.

Ci siamo dati un compito arduo compagni, riaprire la partita, ci siamo detti a Firenze, abbiamo le capacità e gli uomini giusti per farlo, allora compagni, diamoci da fare e facciamo sì che questa partita ci possa portare a fare in modo che quel sogno, di cui parlavo all’inizio del mio intervento, possa diventare una splendida realtà